Il Fiore della Vita

il diario-romanzo

Foto amatoriale un po’ sbiadita, scattata nell’anno 2009.

CAPITOLO X

                                                                                                 IRIS

A te che leggi

io mi rivolgo come uno specchio,

a mostrarti la sostanza di ciò che sei,

se lo vorrai,

sarò per te compagno di vita,

sarò il tuo dono,

finché lo vorrai,

finché ci sarò.

Oggi,

puoi cambiare la tua vita,

non aspettare domani.

Agisci.

CAPITOLO 1

L’INCONTRO

Il buio della notte era meno oscuro per loro. Più o meno belli e felici, tre ragazzi a caccia di vita, bevevano fuori un locale di Perugia, non lontanissimo dal centro. Un cielo meraviglioso lasciava intravedere i suoi migliori auspici, le costellazioni propizie sembravano lanciare segnali di luce. Uno di loro era più rapito dall’osservare quanto avveniva intorno piuttosto che intento a far baccano. Ragazze bellissime sfilavano lungo un tappeto verde per entrare nel locale, insieme ad uomini molto meno eleganti, piombati dentro i loro bei vestiti firmati, quasi comici per il loro essere così fuori luogo insieme a quelle fanciulle, gli sguardi torvi che lanciavano segnali di pericolo, quasi dovessero proteggere il bestiame anziché godersi la compagnia.

Valentino, Davide e Luca erano lì fuori, ad aspettar qualcuno che tardava ad arrivare, considerato l’atteggiamento burlesco e l’impazienza dei tre. Poi, a scavalcare una lunga fila di giovani in lista per entrare, ecco un uomo di bell’aspetto, alto, più alto dei tre che già bassi non erano, capelli castani e barba appena accennata, andava incontro verso di loro con fare scherzoso.

«Ragazzi perdonatemi, non ditemi nulla, avete ragione, sono in ritardo, ma non sapete…».

«Non ti preoccupare per il ritardo, vorrà dire che la prima bottiglia la pagherai te!», rispose Davide.

E Giovanni: «Ok, questa volta mi tocca! Allora il nostro tavolo si chiama Esperia, ci aspettano dentro, che si fa, andiamo?».

«Ma no, prendiamo un altro po’ di freddo qui fuori, dài, un’altra mezz’ora così e potremo far compagnia a Walt Disney!», rispose Valentino.

«Ma che stai a di’? Passa il pulmino per l’Euro Disney?», replicò Luca.

«No quello della neuro, ci hanno già individuato, corriamo dentro altrimenti ci trovano!»,  Valentino.

E Luca: «Ma in che senso?»

«Luca era una battuta, Walt Disney si fece ibernare, è più chiaro adesso? Dài, non perdiamo tempo!», aggiunse infreddolito Valentino.

Allora Davide: «Ma come sei frettoloso Vale, ti aspetta qualcuno o qualcuna dentro? Non c’hai detto nulla…».

Valentino: «Ma certo, Cenerentola, hai presente? Solo che questa stacca alle 3.00 in punto e sono già le 0.30! Dài ragazzi, ho troppo freddo, sono in giacca!».

«Allora, entriamo?»,  Giovanni.

I tre insieme risposero: «Eccoci!».

Così i quattro entrarono nel locale saltando ogni fila, quel Giovanni doveva curare in qualche modo le pubbliche relazioni della serata, tutti lo salutavano al passaggio.

 Il locale si presentava come una moderna discoteca, luci stroboscopiche, colori notturni soffusi dalle tonalità blu, rosse e viola, ragazze con minigonne inguinali praticamente ovunque, maschi ululanti ad ogni angolo, pronti ad attaccare le prede, uomini o donne che fossero, l’ambiente offriva leccornie per ogni gusto e palato. Non ebbero il tempo di sedersi che Valentino rimase pietrificato, dritto e immobile, estraniandosi con la mente dal gruppo, che intanto, dietro di lui a pochi centimetri dalle sue spalle, iniziava ad aprire la prima bottiglia di Veuve Clicquot.

«Vale alla tua! Che fai, non brindi?», disse Giovanni.

Ma Valentino non rispondeva, era entrato in una sorta di trans, quasi fosse in collegamento telepatico con qualcuno.

«Vale se non ti muovi ti lasciamo il vetro! Ahahah! Valentino!», lo chiamò Giovanni, cercando di attirare l’attenzione del ragazzo.

«Scusatemi, devo andare, ci vediamo dopo!», così rispose Valentino, congedandosi frettolosamente.

Sotto lo sguardo incredulo degli amici, il ragazzo si diresse con passo deciso verso l’angolo bar, ordinò un’altra bottiglia di Clicquot e, con due bicchieri, uscì dalla folla che intanto si accalcava sempre più. Intorno alla pista da ballo centrale, si erigevano cubi alle cui sommità ragazze di ogni colore ballavano, indossando dei completini succinti tutti rigorosamente bianchi ed una fascia tricolore in spalla scendeva loro fino all’anca. Al centro lei, la più solare, la più alta, elegante nonostante il vestito non fosse proprio quello di un ballo di gala. Valentino puntò esattamente nella sua direzione, quasi non riuscisse a frenare l’attrazione magnetica che la ragazza esercitava su di lui. Anche lei aveva una fascia tricolore, ma la sua era inevitabilmente quella del “sindaco” della discoteca. Una canzone, un solo grido si alzò al partire di Notti Magiche, una vecchia canzone per una nuova emozione, datata novembre 2006, quella stessa sera. L’effetto ipnotico pareva essere sempre più profondo ed aveva ormai portato Valentino a pochi metri da lei. Non era fuori controllo, tutt’altro. Il vino, probabilmente bevuto in compagnia, poteva averlo disinibito il giusto, perché quell’attrazione, lui, non l’aveva cercata. Era semplicemente entrato nell’orbita di una stella e adesso, pur volendo, non avrebbe potuto più fermarsi.

Erano ormai vicini, lei sopra il cubo, lui sotto con entrambe le mani impegnate, una con la bottiglia ancora chiusa, l’altra con i due bicchieri. Non le disse nulla, l’osservava con occhi limpidi, mentre lei ballava come se intorno non ci fosse nessuno, come se stesse ballando davanti allo specchio della sua cameretta. Valentino prese allora l’iniziativa, era evidente che non volesse aspettare oltre. Con il braccio e la bottiglia si fece largo tra due tizi che aveva davanti, mettendo il primo piede sulla pedana del cubo, così da salirvi ed offrirle da bere. Non fece in tempo a mettere anche l’altro che lei si girò, guardandolo preoccupata, forse impaurita e anche un po’ disturbata da quel gesto inopportuno. Allora lui si fermò, rimanendo con una gamba sopra e l’altra sotto la pedana del cubo e, senza ancora dire una parola, le sorrise porgendole un bicchiere vuoto. Lei sembrò tranquillizzarsi per un attimo. Il volto si distese e lo sguardo sembrava dirgli: “Ma sei fuori di testa?».

Non fece in tempo a fare un altro passo verso di lei che due uomini della sicurezza si frapposero tra di loro, invitando il ragazzo ad allontanarsi con modi non proprio gentili.

«Volevo soltanto offrirle da bere, non le ho detto nemmeno una parola!», disse Valentino, quasi a volersi giustificare.

Uno dei due uomini della sicurezza, il più grosso dei due, gli disse: «Non puoi salire a ballare con le ragazze, è vietato!».

E lui rispose: «Ma infatti io non volevo ballare sul cubo con le ragazze, volevo soltanto scambiare due parole con lei».

«Ti ho detto che non si può salire!».

Valentino: «Ok, allora facciamola scendere, così ci parlo giù dal palco e siamo tutti contenti!».

L’uomo allora, con aria più minacciosa aggiunse: «Forse non hai capito che se adesso non te ne vai da qui, ti sbattiamo fuori!».

Valentino non sembrava intenzionato a desistere con quei due. I suoi amici, vista la situazione, si avvicinarono e Giovanni intervenne con gli uomini della sicurezza dicendo:

«Ragazzi è un mio amico, ha preso il tavolo con me, è ok, il ragazzo è tranquillo!».

Uno dei due buttafuori: «Va bene, basta che non si creino casini Giovanni, scusaci, però non possiamo far salire nessuno sui cubi con le ragazze, se lo permettessimo con uno, immagini il macello?».

«Lo so, lo so!».

Così i ragazzi, insieme a Valentino, tornarono al tavolo. Lui si voltò indietro per cercarla nuovamente con lo sguardo, ma lei non c’era più. Doveva essere scesa dal cubo dopo l’episodio e andata chissà dove e con chi.

«Ma con tante ragazze che ci sono, proprio con la tipa dell’animazione dovevi broccolare? Sei il solito esibizionista, vecchio lupo!», disse Davide.

«Volevo soltanto bere con lei, ho avuto la sensazione di conoscerla, eppure chi l’ha mai vista! Mi credi se ti dico che desideravo soltanto parlarci e bere una cosa insieme?», rispose Valentino, sapendo in cuor suo di non essere creduto.

Infatti tutti gli amici risero all’unisono.

«Ma perché non sono credibile? Lo dico davvero!».

Allora Davide riprese: «Valentino, ti voglio bene, lo sai, ma cosa dici? Volevi parlare con quella bionda? Qui dentro? Con la bottiglia di Veuve che ancora hai tra le mani? Piuttosto posala a me che adesso la beviamo!».

Valentino posò la bottiglia nel cestello pieno di ghiaccio, sostituendo la sua con quella vuota capovolta al suo interno, per poi ribadire, una volta di più, quel che sentiva:

«Credetemi, c’è qualcosa in quella ragazza di magnetico, sento di conoscerla, ma è strano da spiegare!», riprese ancora una volta, quasi a voler chiarire l’accaduto. Poi, rivolgendosi verso Giovanni, aggiunse:

 «Caro, ma tu la conosci?»

E Giovanni: «Personalmente no, ma l’ho già vista! Prima o poi la ribecchiamo, stai tranquillo, una così non passa inosservata!».

«No Giovanni, l’ha vista solo Valentino, ma che scherzi? Vale, svegliate, te sei preso ’na cotta, succede a tutti, anche a me adesso, vedi, per quella lì!», rispose Luca, indicando con il dito una ragazza non lontana da loro.

«Non è una cotta, non è un impulso, ma non so nemmeno io cosa sia, so soltanto che dovrò ritrovarla in qualche modo!», ribatté Valentino.

«E se la tipa fosse fidanzata? Che fai poi, il geloso? Pensa a divertirti amico mio, guarda quella lì piuttosto», disse Davide, indicando una ragazza dai capelli rossi, alta, carnagione bianco latte ed occhi verdi, davvero un incanto. «Che la lasciamo sola?».

Valentino aveva tanto l’aria di uno che ascoltava e comprendeva ogni ragione, più o meno superficiale, ma non era convinto. Qualcosa lo legava a lei e voleva scoprirlo, o quantomeno intendeva capire se tutto ciò fosse solo il frutto dell’ebbrezza della notte, oppure quella sensazione era davvero il risultato di una strana alchimia della vita. Scoprirlo sarebbe stato complicato, era andata via ed intorno a lui c’erano ragazzi che non si ponevano di certo i suoi interrogativi. Tutt’intorno era soltanto frivolezza e desiderio di divertirsi, di eccedere, ballare e bere come se non ci fosse un domani. Decise di alzarsi anche lui da quell’insolito pensatoio, la ragazza dai capelli rossi ed altre due sue amiche, di minor fascino ma pur sempre carine e simpatiche, ormai, si erano unite al loro tavolo. Ballarono e bevvero per almeno altre due ore, ma non fino a star male. Valentino passò quasi tutta la serata in compagnia della ragazza dai capelli rossi, oltre gli amici, ma non era mai più rientrato pienamente in se stesso. Allora la ragazza dai capelli rossi gli si avvicinò con fare malizioso e sensuale e, sussurrando al suo orecchio, gli disse: «Usciamo a fumare?».

«Ti faccio compagnia», rispose lui, tenendo ben stretto un calice di champagne.

Lei era davvero bella, indossava un completino verde smeraldo, non molto lungo, dello stesso colore dei suoi occhi. Con i tacchi lo raggiungeva abbondantemente in altezza, un metro e novanta centimetri circa. Scambiarono alcune battute e, dopo che ebbe finito di fumare, senza aggiungere altre parole, lo baciò. Un bacio a stampo, intenso, staccando pian piano le labbra dalle sue. Valentino non la respinse, era immobile e la guardava senza battere ciglio, quasi non fosse sorpreso della cosa o, più probabilmente, disinteressato.

«Lo sai che non ci siamo neanche presentati?», gli disse.

E lui: «Beh, considerato il luogo e la serata, mi sembrava un dettaglio!».

«Hai la faccia come il sedere! Comunque Simona, piacere, scusami se mi sono permessa!».

«Hai proprio ragione, ho la faccia come il sedere… Valentino!».

«So come ti chiami!».

«Perché me lo chiedi allora?».

«Ma ci fai o ci sei?».

«Altro aspetto di poco conto. Comunque, sei davvero bella».

«Un complimento, wow! Ma sei così perché hai la ragazza? Come si chiama?».

«No, e tu?».

«Neanch’io. Eppure ti comporti come se l’avessi, sei assente, criptico, ma a cosa pensi?».

«È un periodo in cui mi accadono cose strane, sono semplicemente pensieroso, il che dovrebbe essere un buon segno per te, considerato l’ambiente in cui ci troviamo, hai incontrato un essere senziente stanotte, non sei contenta?».

«Presuntuoso!».

Lei gli sorrise e la porta del locale si aprì di nuovo, erano gli amici che non tardarono troppo ad uscire. Tra abbracci e baci i ragazzi si salutarono, dandosi appuntamento a chissà quando. Valentino e Simona scambiarono velocemente i loro numeri di telefono.

«È stato bello conoscerti», le disse Valentino.

«Anche per me, ma se ci rivedremo, porterò lo psicologo, sai, giusto per capirci meglio!».

«Credo potrebbe fuggire anche lui da me! Ciao!».

Così si salutarono, mentre gli altri erano già entrati in auto e, avvicinandosi passo dopo passo agli amici, una voce di ragazza interruppe i suoi passi. Si voltò, non era nessuno. Ragazze lontane sghignazzavano tra di loro. Il ricordo di lei, con la quale non era riuscito a scambiare una sola parola, aveva preso posto dentro di lui.

 «Ci rivedremo, non so quando, ma ci incontreremo di nuovo», disse a bassa voce prima di aprire la portiera dell’auto e di fuggire via, non a caccia di fantasmi, ma verso casa.

Di Alfredo Francesco Caiazzo