Il Fiore della Vita

il diario-romanzo

Immagine tratta da https://www.viaggidafotografare.it/

CAPITOLO IX

8 AGOSTO

L’estate, sulle colline del Cilento, non è mai torrida, non è mai come vivere nelle pianure umide o in città.

Tutto appare mitigato, le stagioni procedono più lentamente che altrove, come se aleggiasse sulla natura e sulle cose uno spirito democristiano.

Raramente l’afa colpisce questi luoghi, il libeccio e il maestrale si alternano durante il giorno come il sole e la notte, rendendo  il cielo sempre terso, l’aria sempre pulita e la vita sempre più dolce, lenta, forse troppo. Ma il Cilento è questo, un luogo in cui il tempo sembra davvero essersi fermato da decenni, è la sua bellezza e la sua condanna.

Sono sdraiato di fianco un camino spento, sulla mia poltrona preferita, guardando le colline che paiono muoversi, con i loro alberi, al ritmo del vento. Di fianco a me un quadro mi ricorda un viaggio di circa vent’anni or sono, ero con i miei genitori a Salò, sul Lago di Garda, un manufatto in legno con l’effige dell’University of Pennsylvania. Pioveva a dirotto il giorno in cui lo acquistammo, lo ricordo bene, così come tutto il viaggio di ritorno a casa con il quadro adagiato sul sedile, di fianco a me. Sono vent’anni che lo osservo, ricordando sempre quell’evento, fatto assolutamente non ordinario credo, dal momento che, in fondo, a quel quadro non attribuisco nessun significato particolare.

Chiudo gli occhi, provo a ricordare qualche altro aneddoto legato al manufatto. Assolutamente nulla, il vuoto nella mente, nessun ricordo. Poi un’immagine, ci sono molti pacchi di misure differenti, collocati a pile ed in ordine sparso in un grande ambiente, una casa. C’è la madre di Valentino che prepara le scatole insieme ad un’altra signora, avrà avuto all’incirca la sua stessa età, potrebbero anche essere parenti considerata la somiglianza. Preparano, parlano con voce pacata, non sorridente e tantomeno sconsolata, fanno ciò che devono, senza tristezza o alcun entusiasmo. Una porta socchiusa si apre, sono Ginevra e Valentino.

 C’è silenzio tra i presenti e nessuno prende la parola, le persiane quasi del tutto chiuse, lasciano trapelare dei barlumi di luce che sembrano colorare a strisce orizzontali i volti poco entusiasti dei presenti. Valentino interrompe il silenzio:

 «Io sono pronto».                                                                                                                      

 «Sei sicuro di voler partire adesso? Non c’è fretta di uscire, abbiamo altri giorni ancora, poi io e le tue zie resteremo al piano superiore per qualche anno, e poi…», risponde Ginevra, rivolgendosi al nipote il quale incalza:

 «…e poi, prima o poi andremo tutti via da qui. L’asta non è stata fermata, nessuno ha voluto trovare accordi con noi, perché rimanere ancora?»

 «Non so cosa dirti, mi dispiace!», risponde tristemente, la nonna.

 «Non è colpa tua, nonna. Nonno, in vita, avrà fatto anche i suoi sbagli, ma ha tentato di salvare tutto, le aziende, le proprietà. Purtroppo ha riposto la sua fiducia in persone invidiose. Errori di valutazione a cui si sono aggiunti personaggi corrotti, giudici incompetenti, per non dire altro. Avete dato tutto a questa città, il vostro lavoro, la vita, vi siete prodigati per il bene della famiglia, sempre, di noi più vicini e dei vostri fratelli. Cosa avete ricevuto in cambio? Soltanto invidia prima e indifferenza poi. Desidero solo andare via da Battipaglia e, spero, di non tornarci mai più!».

«Però è molto caldo adesso, parti domani mattina…», dice Ginevra, quasi più preoccupata per il viaggio del nipote che non del momento.

 «Sarà caldo anche domani e non voglio aspettare oltre, i bagagli son pronti, quattro ore di viaggio e sarò a Perugia. Ci sentiamo più tardi, io vado».

 Il momento è quasi struggente. Tutti si abbracciano e si percepisce che qualcosa stia cambiando inesorabilmente. Probabilmente non si sarebbero più rivisti lì, in quella casa, nella loro casa, che chissà per quale triste combinazione della vita avevano perso.

Apro gli occhi, sono triste. Mi commuovo al ricordare tante belle immagini di quel ragazzo e di come sembrava che la vita fosse stata così crudele con lui. Tutto gli era stato dato e poi strappato via. Come un film che scorre la sua pellicola veloce, ripercorro le volte in cui l’avevo visto gioire, piangere, essere forte, vivere una vita piena ed anche di fronte alle difficoltà, avere un aiuto divino, insperato, ma puntuale. La consapevolezza di avere un Padre celeste, di non essere solo ma di far parte di qualcosa di più grande e apparentemente intangibile, forse lo avrebbe nuovamente soccorso, perché lui sperava sempre, ma in quel momento doveva lasciare tutto, le sue parole erano state dure e non oso immaginare cosa avesse nel cuore.

 Se prima il mio pensiero era assuefatto dalla leggerezza e dalla serenità di quei “flash” di vita vissuta da Valentino, nelle ultime visioni, questi erano divenuti sempre più cupi, torvi, mostrandomi quel che detestavo: l’ingiustizia.

 La vita è davvero così ingiusta? Possibile che anni di serena e splendida esistenza debbano essere pagati così a caro prezzo? Se la gioia si vive a sprazzi, allora cosa occorre per garantirsi una vita serena?

Non volevo più vedere Valentino, lo rifiutavo, era divenuto una persona problematica, mi causava malessere. Ma cosa sto dicendo? Adesso sono io a comportarmi come i più, come coloro che anche Valentino e suo nonno avevano avuto intorno per una vita. Tutti sul carro del vincitore finché dispensa ricchi doni e opportunità, ma pronti a scendervi al volo allorché i doni si esauriscono e le opportunità vanno così a scemare con i giorni, i mesi, gli anni e tutto quel che rimane del “mito”, è semplicemente un ricordo.

I problemi spaventano  poiché l’uomo è fondamentalmente egoista, come sono stato anch’io poc’anzi, ho rifiutato di getto un pensiero triste, non volendo più accogliere quell’idea di persona, un pensiero a me prima molto caro e poi sempre più problematico, fino a divenire reietto.

 Ma chi può dire di condurre una vita senza problemi? Certo, ci sono difficoltà di ordine pratico, problemi gravi ed altri letteralmente invalidanti, che sconvolgono l’esistenza. È un po’ come in natura, esiste la rugiada, la pioggerellina, il temporale, la tromba d’aria e poi l’uragano. Tutto fa parte di un ciclo vitale e non tutti vivono le stesse esperienze, ma perché illudersi che l’uragano non esista? Perché pensare di vivere una vita senza tribolazioni?

L’istinto suggeriva di cacciar via quei ricordi, di allontanare l’immagine del ragazzo sofferente e di quel che non può dirsi giusto, bello, ammirevole.

Ma l’uomo è nato per soffrire o per esser felice?

Decido di non far più entrare Valentino nel mio presente, poiché non è reale. Ma Valentino è per me l’accondiscendere un pensiero infelice, produce sofferenza. Preferisco star male per un vivente anziché un fantasma della mia mente, per una proiezione patologica del subconscio. Valentino non esiste più, è passato.

Resta l’interrogativo: come conquistare la serenità? Non saprei ancora dirlo, ma voglio provarci, lo devo a me stesso e al dono della vita che mi è stato dato, non voglio perdere un solo altro istante in elucubrazioni che tolgono spazio ed energie al mio presente e alla vita che scorre, non ieri, non domani, non nei sogni, ma ora. Mi alzo, asciugo le lacrime, cerco qualcosa, sono quasi le quattro del pomeriggio e fuori è troppo caldo per uscire.

 “Cosa potrei fare?”, penso silenzioso, mentre con gli occhi scruto i mobili di casa. Alcuni libri in disordine, nella parete-libreria, mi invitano a riassettare un po’ quell’angolo a me tanto caro della casa.

 Il libro, al di là dell’ essere un buon amico, un compagno di vita pronto a ricordarti ogni volta che lo si desideri il suo pensiero, è anche un bell’oggetto in sé. Posseggo molti libri che non ho ancora letto, sono così belli nella libreria, tutti in fila, vicini, ordinati, colorati. Certo, un volume non letto mi ricorda un po’ una bella donna osservata da lontano e mai conosciuta. La sua vita, la sua anima, rimane un bellissimo involucro della cui sostanza non si sa nulla. Mi avvicino per fare ordine, cercando qualcosa da leggere. In effetti, ho l’imbarazzo della scelta, sono davvero tanti quelli che non ho letto, “che vergogna!”, penso. Ne sfoglio diversi, più o meno famosi, i quali autori riecheggiano nella storia della letteratura, finché ne scorgo uno, monocromatico, ma dalla copertina assolutamente attraente.

Un fiore di Iris che nasce sotto un arcobaleno è impresso sulla copertina, il suo titolo appare come una conseguenza logica dell’immagine: Iris. Decido che sarà il mio libro, inizierò da Iris a completare la lettura della mia libreria, dal libro con l’immagine così gentile, proverò a mettere ordine nel caos, a riordinare le mie idee, ad andare avanti con una nuova storia da leggere. Mi siedo sul divano, indosso gli occhiali e aprendo il libro inizio a sfogliare le pagine. La prima è bianca, leggo poi una dedica, in alto a destra del foglio:

 “All’amore che mi ha generato, a coloro che mi hanno permesso di essere vivo e a te, ispirazione dei miei pensieri”.

Sfoglio nuovamente un’altra pagina e, impresse su due fogli, l’immagine di un ragazzo ed una ragazza, lui sul lato sinistro, lei alla destra delle due pagine, si osservano da lontano, in un grande pianoro ai piedi di un monte. Lui dritto a piedi nudi in un fiume cristallino che scorre, lei in piedi tra migliaia di girasoli. Sopra di loro il sole a perpendicolo ed un cielo azzurro, senza nuvole. Volto ancora una pagina ed inizia la storia…

Di Alfredo Francesco Caiazzo