Il Fiore della Vita

il diario-romanzo

Immagine notturna di Positano

CAPITOLO VIII

30 GIUGNO

 Tutto è semplicemente perfetto nel suo ineffabile senso di bellezza.

La storia trasuda dalle piastrelle colorate, nei vicoli dei sarti artigiani che lavorano nelle botteghe, le montagne intorno che cadono rocciose nel mare blu cobalto.

Un sogno dal nome Positano.

Camminando per le viuzze della perla della Costiera insieme alla ragazza con la quale ho avuto una relazione negli ultimi tempi, sorseggiamo uno spritz camminando, come se fossimo in un immenso locale all’aperto, fatto di corridoi naturali, animati da gente dal raffinato folclore e di ogni nazionalità. Così piccola e internazionale, Positano, chi può dire di esserci stato almeno una volta e di non aver ceduto al sogno, al suo stile, all’amore.

Raggiungiamo senza fretta i lettini prenotati presso un lido ricavato su rocce levigate, a picco sul mare. Lei ha le fattezze di una ninfa, la pelle dorata ed un profumo meraviglioso di non saprei bene cosa l’avvolge, la sua aurea seduce chiunque posi lo sguardo su di lei. Di tanto in tanto mi rimprovera di essere geloso. Francamente credo lo sia più lei, tant’è che decido, mentre  amoreggia con il sole sul suo lettino, di andare via da lì, momentaneamente s’intende, sarei tornato dopo poco.

Positano suscita in me un’attrazione irrefrenabile, mi invita al piacere dei suoi vicoli, alla magia degli scorci inattesi, così densi di vita da poterli ascoltare per ore, rimanendo in silenzio, in preda al canto delle sirene modaiole, del buon cibo, della natura incontaminata che protegge il paese. Indosso nuovamente la camicia e dei mocassini, una reminiscenza mi suggerisce di recarmi in un luogo ad un centinaio di metri da lì, forse poco più. Lo scorgo subito appena superata una rampa di pedane in legno che separano la piccola spiaggia dalla roccia, è la Buca di Bacco, un bar-ristorante adiacente alle famose scalinate che fondono la spiaggia al paese, scale che hanno fatto da tappeto alle più belle donne del mondo, di ieri e di oggi.

Giungo al piano terra del locale, mi siedo e un cameriere riceve la mia solita ordinazione: una cedrata con Aperol e granita al limone. Sul tavolo è poggiato un quotidiano sportivo, forse qualcuno lo avrà dimenticato, ma cosa importa, di certo non ho intenzione di mangiarlo. Una parte di me è intenta a leggere futili notizie di calciomercato, ma la maggior parte dei miei sensi è rapita dall’atmosfera, dai suoni, dalle lingue quasi per lo più straniere, per non parlare delle ragazze. Ecco, se ci fosse la mia “lei” qui di fianco, probabilmente, gelosa com’è, mi darebbe un sonoro schiaffo. Proprio mentre penso di dover ritornare presto da lei, alcune voci giungono a me familiari, in particolare una delle due.

Mi volto e lo vedo: Valentino. Non avrà più di quindici o sedici anni, sia lui che il suo amico di fianco. Sembrano molto affiatati, discutono, bisbigliano, finché l’amico non estrae fuori dal borsello una macchina fotografica.

«Dalla a me, ci penso io Giovanni, dài, stiamo perdendo tempo!», dice Valentino all’amico.

 E Giovanni: «Ma che scherzi, io non ce la faccio!».

 Valentino: «Muoviti!».

 Giovanni: «Ma è un palo sicuro, le vedi? Pensi che diano retta a due ragazzini?».

Valentino: «Infatti io voglio solo farci amicizia… ».

 Giovanni: «Ma piantala! Sei un idiota… pensi davvero che… ci stiano?».

Valentino: «Non lo so, so soltanto che se continuiamo a parlarci io e te, qui, a questo tavolo, senza far nulla, finiranno di fare colazione ed andranno via… non lo so, fai te…»

Giovanni: «Ma sono due modelle! Capisci, saranno venute certamente in compagnia, ma poi due così figurati se non sono fidanzate… è un suicidio annunciato Vale!».

Valentino: «Appunto, dammi la macchina fotografica che mi ammazzo da solo con quelle due!».

Giovanni: «Ok, ti accompagno!»

Valentino: «Finalmente ce l’hai fatta!».

 Poi, preso dall’ennesimo dubbio, Giovanni: «Sei sicuro non siano con i ragazzi? Ti faccio vedere come ci menano oggi, con quale faccia tornerò a Positano, metteranno un cartello con le nostre immagini qui fuori, affisso all’ingresso, con su scritto: io non posso entrare!».

Valentino: «Sei petulante, dammi la macchina! Don’t worry, fidati, io mi porto avanti e mi fingo un giovane fotografo, tu mi segui. Vediamo come reagiscono, nella peggiore arrivederci e buona giornata, ma almeno c’avremo provato, non saremmo rimasti, come invece siamo qui ora, fermi a contemplarle, magari a vedere qualcun altro offrirgli qualcosa, per poi andare via con loro. Andiamo!».

Giovanni: «Che figura di m…».

Valentino: «Passami la macchina, grazie!».

Si alzano così dal loro tavolo, ma non insieme, prima Valentino e dietro di lui, ad un paio di metri, Giovanni. Un poco ancora ed eccoli, dinanzi a due ragazze di una bellezza mozzafiato. Una di sicure origini vietnamite, capelli mori, occhi neri come frammenti di meteoriti e carnagione bianco borotalco, l’altra dai tratti più europei, ma con una venatura caraibica, capelli lunghi castani chiari, abbronzata ma non troppo, occhi verde smeraldo.

 Sono lì, composte al loro tavolo, sorridono parlando sottovoce, sorseggiano due succhi d’ananas. Di una bellezza imbarazzante, fini e regali nei modi non comuni.

Comprendo benissimo l’imbarazzo di Giovanni, ragazzino, di fronte a due così meravigliose creature ma, ancor di più, provo a immedesimarmi in Valentino, il quale preferisce essere protagonista più che spettatore.

 «Buongiorno ragazze, sono un fotografo, posso fare alcuni scatti? Vi rubo pochi attimi, continuate pure la colazione!». Così si presenta Valentino al tavolo delle giovani modelle. Le ragazze si osservano tra di loro per un istante ed insieme, sempre sorridenti, accennano un «ok!».

Valentino inizia a fare una serie di scatti, mentre Giovanni, avvicinatosi anche lui al tavolo, rosso paonazzo, nemmeno fosse lì, ritto davanti a loro nudo, non sa se sorridere alle ragazze o capire cosa cavolo stesse facendo l’amico con la macchinetta della Kodak tutt’altro che da fotografo, insomma è nel panico totale di un adolescente imbarazzato.

 «Ok, perfetto! Che ne direste adesso di farci una foto insieme?», dice alle giovani Valentino.

 Una delle due ragazze, quella dai tratti più occidentali, risponde in un perfetto italiano: «No… perché?».

 «Non posso?», le risponde Valentino.

 «Puoi… volevo soltanto capire a cosa servisse una foto insieme!».

 «La verità?>> le risponde Valentino << Ho fatto una scommessa con quel ragazzo lì in piedi, Giovanni, è il mio migliore amico. Non credeva fosse possibile avvicinarsi a due ragazze bellissime come voi mentre io sto semplicemente cercando di fargli capire che non mordete e di quanto sia possibile parlare con tutti, con il dovuto rispetto, s’intende!».

«Ah ah ah… abbiamo appena finito la colazione, per la prossima ora non dovremmo più mordere!», risponde la ragazza castana. Anche l’altra amica sembrava divertita dalla cosa, poi di nuovo lei a Valentino:

«Allora questa foto?».

Valentino: «Eccola! Giovanni vai, scattaci la foto, mi raccomando, più di una!».

 Giovanni, tra l’incredulo e l’imbarazzato, sembra iniziarsi a sciogliere anche lui.

«Certo», risponde veloce e, dopo alcuni scatti, chiede il cambio a Valentino.

«Adesso anche una per me!».

Valentino non esita un istante e scatta subito delle foto all’amico, che ormai ha preso coraggio, per poi incalzare: «Ragazze perdonatemi, sono un vero cafone, non mi sono nemmeno presentato! Mi chiamo Valentino e lui, come avrete già sentito, è Giovanni!».

 Le ragazze: «Jennifer», si presenta la ragazza castana porgendo la mano verso Valentino, mentre l’altra, con un accento tipicamente orientale: «Mia, piacere».

 «Il piacere sarebbe il nostro», risponde Valentino, «se potessimo prendere con voi qualcosa da bere. Immagino sarete qui per Moda Mare Positano e che tra poco dovrete andare ad indossare per le prove, però…», passa in quell’istante un cameriere vicino il tavolo e, senza nemmeno sentire la risposta delle ragazze, le quali non sembravano affatto dispiaciute di rimanere lì con loro, lo ferma dicendo:

 «Mi scusi, vorremmo ordinare, grazie! Allora, quattro birre per tutti?».

 «Ehi, va bene tutto, però per noi due analcolici alla frutta, ok? Tra mezz’ora dobbiamo andare…», gli risponde Jennifer. «Benissimo, allora due analcolici alla frutta per loro e due corona con limone, grazie!».

 «Ma lo sai che hai una bella faccia tosta?», soggiunge Jennifer a Valentino, dopo aver ordinato.

«È il mio punto di forza, il resto son solo difetti!». Ridono i ragazzi, tutti al tavolo sembrano star bene. Ben più di mezz’ora trascorre, quando le ragazze decidono di alzarsi.

 «Valentino, noi adesso dobbiamo iniziare a provare, fino a stasera. Se siete in zona, magari più tardi potremmo vederci al Music per bere qualcosa, ok?». Così si congeda da loro la bella caraibica, prima di andar via con l’amica.

 «Ma certo, a più tardi allora!», le risponde il “fotografo”.

Si salutano i quattro ragazzi e, mentre le ragazze si allontanano sulle scale già piene di dee che sfilano al suono di musiche rock, Valentino sfoggia un sorriso che esprime l’esatto compromesso tra l’innamorato e il compiaciuto. Con fare da supereroe, si volta verso l’amico:

 «E allora? Non hai nulla da dire?».

«Non ci credo ancora, avevi ragione, aspetta, sediamoci!», gli risponde l’amico.

«E stasera al Music le rivedremo!», soggiunge Valentino, già proiettato per la serata. Alcuni attimi di silenzio scorrono prima che Giovanni risponda:

 «Certo, così i nostri genitori chiameranno la polizia, dopodiché, quando domattina rientreremo a casa, ci fucileranno direttamente in pubblica piazza! Vale, ma ti ricordi che abbiamo detto a casa di andare al lido di Paestum, partita a calcetto e tutti a casa per cena? Casa nostra, non alla Buca di Bacco! Siamo qui con gli scooter, mio padre mi ha visto uscire di casa alle sei stamattina e mi ha chiesto: ma dove vai a quest’ora? Sai cosa gli ho risposto? Papà il campo era libero presto stamattina, facciamo prima la partita e poi andiamo al mare!».

La risata all’unisono dei due, anticipa la risposta di Valentino: «Cavolo, hai ragione! Non posso nemmeno rischiare di chiamare e dire ai miei che dormo da te, altrimenti si sentirebbero al telefono i nostri genitori per sapere e salutarsi. Cosa potremmo fare?».

«Andare via, purtroppo! È già ora di pranzo e ci aspetta un bel viaggio con le moto. Dài, è stato bello, ma adesso è meglio andare, staremmo soltanto peggio qui!».

«Sì, perché invece appena tornati a Battipaglia, sai la gioia!», risponde sarcasticamente Valentino.

 Giovanni «Questa giornata non la dimenticherò mai, ma se vorremo ripeterne delle altre, adesso dobbiamo andare!».

 I due si alzano così dal tavolino, pagano il conto e, percorrendo una stradina sulla destra del locale, quasi parallela alle famose scale delle dive, spariscono tra la folla.

Ritorno al presente ricordando anch’io di avere una ragazza, sempre se non abbia deciso nel frattempo di mollarmi per salire su qualche yacht, non potrei biasimarla, considerato il tempo che son stato via, potrebbe pensare che l’abbia abbandonata lì, sul suo lettino. Pago il conto e mi dirigo veloce da lei.

 «Incredibile!», sussurro, è rimasta immobile sotto il sole, praticamente addormentata in mia assenza. Mi siedo di fianco a lei e l’ombra del mio corpo copre per qualche istante il suo volto. Neanche avesse avuto un allarme ad avvisarla che qualcuno, anche se per un solo attimo, avesse interrotto la sua relazione con il sole, si gira verso di me e, con voce sottile, mi dice:

 «Ehi, ma che ore sono?».

 «Sono le quindici!», le rispondo.

 E lei: «Ti va una granita al limone?».

«Anche due, aspettami qui, le porto subito», ed, avvicinandomi a lei, con un bacio sulla sua fronte mi congedo nuovamente dal lettino.

 “È pazzesco!”, penso stupito, “alcune donne farebbero invidia anche alle lucertole per quanto riescono ad esporsi al sole senza star male!”.

Mi avvicino al bar per ordinare le due granite, ripercorrendo nella mente quanto accaduto. Quel ragazzino non ha avuto alcuna paura nell’esprimere i suoi pensieri, eppure di fronte a sé aveva una grande probabilità di insuccesso, Giovanni aveva ben considerato. Ma non Valentino, per lui la brutta figura sarebbe valsa nel doversi raccontare di aver visto due bellissime ragazze, averle guardate impassibile, come spesso nella vita si vedono scorrere le cose, senza far nulla, seppur giovanissimo non lo voleva e non si sarebbe accontentato di vivere passivamente, da spettatore. Piuttosto una porta in faccia, ma non una mancata speranza, il suo carattere era già in parte delineato: avrebbe voluto saziarsi di tutto ciò che la vita gli avesse offerto, senza lasciare nulla al caso, almeno così pareva.

Mi avvicino sempre di più al bancone del bar quando, d’un tratto, un ragazzo voltandosi mi scruta, come se mi conoscesse. Il viso non mi è nuovo, ma non riesco a capire chi fosse, so soltanto che quel volto non mi trasmette sensazioni positive, tutt’altro. Ha le fattezze di qualcuno che non vedo da tempo, da tanto tempo, eppure non mi sovviene il nome. Quella presenza mi disturba, troppo, tanto che inizio davvero a infastidirmi, ma ormai è tardi, il pensiero si è insinuato dentro di me, e più lo osservo, più divento scuro in volto, cupo, ombroso.

Non ho intenzione di rovinarmi la giornata per un semplice capriccio della memoria, quando eccolo apparire, in uno schermo di fronte a me, come un film. Non era lui, ma gli somigliava molto. Lo vedo con Valentino, Giovanni ed altri ragazzi intorno. Tutti circondano Valentino, sono in cinque, Giovanni stranamente non è vicino al suo amico, ma dietro il più grande di loro, che pare essere quasi il capo della banda. È sera, in un vicolo residenziale, si vede dalle ville che delimitano un lato della strada. Valentino ed il più grande di loro, alto, biondo, di corporatura robusta, parlano, mentre Giovanni si defila sempre di più dietro il biondo, silente, col capo quasi chino. Il giovane biondo si volta col capo verso Giovanni, invitandolo con una mano a farsi più avanti. Giovanni fa tre passi verso di loro e, a quel punto, anche lui si trova faccia a faccia con Valentino.

I due si guardano, ma Giovanni non sostiene lo sguardo nemmeno per due secondi, mentre Valentino continua a guardarlo senza battere ciglio, con sguardo vitreo, incredulo, deluso. A quel punto il biondo riprende il discorso con Valentino: «Il tuo amico», con aria ironica, «mi ha fatto sentire tutte le vostre conversazioni al telefono, quelle in cui tu parlavi di noi, le ha registrate e me le ha fatte sentire!».

 «E quindi?», risponde Valentino. «Non rimangio una parola di quel che ho detto, il mio era un discorso che avrei fatto nei confronti di tutti. Giovanni non è mai stato capace di accendersi nemmeno una sigaretta, figuriamoci uno spinello! Ho detto che, per il suo bene, sarei intervenuto a qualunque costo, per proteggerlo, perché lo vedevo strano negli ultimi tempi. Non ce l’ho con te e con la comitiva, era un discorso fatto in generale e non rinnego una sola parola!».

«Giovanni hai sentito? Vuoi essere più suo amico?», aggiunge il biondo.

 «No», risponde il “fraterno amico” di Valentino.

 Il biondo poi aggiunge: «Sei sicuro?».

«No, per me il rapporto è chiuso!». Con la testa sempre china, senza avere nemmeno il coraggio di guardare negli occhi l’amico di sempre. Valentino era come paralizzato da tutto quel che stava vivendo in quel momento. Vedere l’amico tradirlo in quel modo meschino, vigliacco, doveva averlo ferito profondamente, tanto da non riuscire più nemmeno a parlare. E per cosa poi? Perché voleva semplicemente proteggerlo, lui aveva registrato una telefonata e organizzato quella sorta di imboscata. Brutta storia, soprattutto dopo che i ragazzi iniziarono ad azzuffarsi, a picchiarsi, uno contro tre, compreso Giovanni che aiutava a fermare Valentino trattenendolo, mentre gli altri lo colpiscono, prima in tre, poi in cinque.

Valentino si difende come può, ma naturalmente è lui ad avere la peggio. Il tutto dura poco, poi, senza nemmeno salutarsi, Valentino va via, lasciando in un altro vicolo la banda con il suo nuovo “acquisto”: Giovanni. L’immagine svanisce ed io mi ritrovo a fissare uno schermo spento, con il barista che mi osserva incuriosito, quasi volesse vedere anche lui qualcosa in quello schermo nero, vuoto, in cui solo i miei pensieri avevano preso forma per un tempo indecifrato.

 Il barman, vedendomi quasi pietrificato nel fissare un televisore spento mi chiede:

«Signore, tutto bene? Gradisce qualcosa?».

 «Sì, mi scusi, due granite al limone, grazie!». Prese le granite mi avvicino nuovamente al lettino, di fianco a lei che per mia consolazione, nulla aveva compreso di quanto fosse accaduto fino a quel momento. Le porgo la granita, un altro bacio, veloce, a timbro sulle labbra e mi sdraio, adesso anch’io di fianco a lei. La beata spensieratezza di avere come unico obiettivo prefisso l’abbronzatura giornaliera, l’amore per il mare ed il sole, mi trasmettono pace e mi conferiscono una certa serenità apparente. Ma dentro di me, qualcosa non riesce a darsi tregua. Quale ingiustizia e vigliaccheria era mai quella vista un attimo prima. Un tradimento a fronte di un aiuto.

La cosa che più mi spaventava era il fatto che non si parlasse d’affari e tantomeno di vecchi marpioni intenti a raggirarsi vicendevolmente, semplicemente ragazzi adolescenti che condividono esperienze di vita, sentimenti, stupidaggini anche, perché no, ma nulla di tutto quello poteva giustificare un atto così premeditato e vile, no, era troppo davvero per quel ragazzo che lo aveva trattato fino a quel giorno come un fratello. Chissà come doveva sentirsi Valentino, dopo tante avventure insieme, dopo aver diviso probabilmente anche il sonno con lui, dopo averne fatte tante.

L’invidia si era manifestata in giovane età in quel ragazzo, ed aveva colpito il suo amico più caro. Come un morbo putrido l’aveva consumato dall’interno, chissà, forse già da quella mattina a Positano, forse anche prima, il giorno in cui si fosse insediata nel suo cuore poco importa, conta invece la sua manifestazione e la conseguente distruzione di un’amicizia, per la quale uno dei due aveva donato se stesso, senza misura e alcun calcolo. In cuor suo, non credo che Giovanni abbia passato una notte serena, voglio pensare piuttosto che si sia pentito di quanto accaduto e che sia corso poi da Valentino a chiedergli perdono. Ma alcune cose non ritornano e tra queste può esservi anche la fiducia. Probabilmente aveva dato troppo Valentino, la sua spavalderia, il suo essere benevolmente guascone nell’affrontare la vita aveva aperto al mondo uno spiraglio per colpirlo, come qualche anno prima visse l’intrusione dei ladri in villa, così adesso aveva mostrato il fianco, la generosità ed il modo di fare lo avevano reso più vulnerabile al male, poiché nel suo essere plateale non sapeva risparmiarsi dinanzi a nulla.

Se fosse stato prudente, se avesse parlato meno, se non avesse investito tutto se stesso in quell’amicizia, fino anche a picchiarsi per una parola detta in protezione dell’amico, certamente tutto quello non sarebbe accaduto. Aveva molto ancora da imparare Valentino dalla vita, ma sarebbe mai stato diverso?

Avrebbe potuto comprendere la lezione che la vita gli stava impartendo così duramente?

Sarebbe riuscito a stemperare il suo carattere, la sua eccessiva generosità verbale, il voler essere sempre protagonista, anche quando la scena non lo richiedeva?

Forse non avrebbe dovuto mutare se stesso, ma guardare bene a chi avesse deciso di confidare i suoi pensieri e magari, dopo un primo discernimento, aprire il suo cuore, questo sì. In caso contrario, non avrebbe potuto rimproverare alla vita nient’altro che la sua veemenza. Come attraverso il fuoco si forgiano i metalli, anche quelli più preziosi e duri, così accadeva a Valentino quella sera, la vita lo aveva battuto con asprezza, voleva modellarlo in giovinezza prima che fosse troppo tardi ed i dolori, crescendo, divenissero maggiori. Aveva perduto un amico ma, in quella stessa notte, acquistava a caro prezzo una virtù: la prudenza. Almeno così credo e spero.

Di Alfredo Francesco Caiazzo