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I SURROGATI

In copertina: Renè Magritte “Golconda”

Il mio amico Adriano è molto legato ai valori tradizionali, ma tiene a precisare che sono una cosa ben distinta dalle tradizioni, le quali sono un modo per tramandarli e che spesso, con il passare degli anni, si trasformano in mera forma, slegata dal contenuto. Per cui dice di non amarle particolarmente, ma le accetta e si sente libero di poterle modificare in base alle sue esigenze: ciò che conta è che siano rispettati i valori che esse rappresentano.
Si autodefinisce un “classico”, un amante di ciò che è da sempre e sempre sarà, di ciò che non passa, impermeabile alle mode ed ai costumi, spesso terribili, aggiunge, del momento.
Ieri ero con lui a prendere un caffè nel bar della piazza principale e seduti ad un tavolo all’esterno, all’ombra, tentavo di parlargli di un mio problema, pensando che potesse darmi un parere; ma sembrava assente. Lo conosco, quando fa così significa che sta elaborando una delle sue teorie e fino a che non completa il pensiero e poi lo manifesta, è impossibile instaurare un dialogo. E’ come stare da soli. Mi sono rassegnato e pazientemente ho iniziato ad aspettare che tornasse al presente.
Aveva lo sguardo fisso sulla piazza e osservava attentamente ogni passante.
Improvvisamente disse: “Hai contato quante persone sono passate da quando siamo seduti?”.
“Per quale motivo avrei dovuto farlo? Vuoi forse iniziare un censimento?”.
“Ti parlo seriamente e tu scherzi”.
“In quale altro modo potrei risponderti, dopo cinque minuti di tuo silenzio assoluto, se non con una battuta?”.
“La società è diventata un gregge di persone chine a raccogliere le deiezioni dei loro cani”.
“Dovresti essere contento. Se le lasciassero in terra sarebbe peggio”.
“Semplifichi sempre tutto. Come al solito non comprendi ciò che voglio dire. Non mi sento di far parte di questa società”.
“Sì lo so; non ricominciare con la tua solita noiosa frase: vivi nel mondo ma non appartieni al mondo, almeno a questo mondo. Però molte cose del mondo ti piacciono, non è vero?”.
“Purtroppo la coerenza è difficile da mantenere … A volte mi capita di farmi risucchiare dal vortice della vita frenetica, però ho ben presente ciò che è bene e ciò che è male“.
“Già che lo hai ammesso …”.
“In cinque minuti ho contato quaranta passanti, di cui venti con almeno un cane al guinzaglio e qualcuno con più di uno”.
“Se non ti piacciono i cani non puoi biasimare chi invece li ama, ovvero la maggior parte delle persone”.
“Con te ho perso ogni speranza, non riesci proprio a cogliere il senso di ciò che dico”, disse sorridendo e proseguì: “Possibile che non ti accorgi di quanto stia accadendo? In ogni casa c’è almeno un cane, e vengono vezzeggiati come se fossero dei principi. Tra poco ci saranno più cani che persone”.
“Lo so meglio di te. E’ una moda, e come tutte le mode passerà, ma non penso che sia il caso di allarmarsi e di tenere un tono così solenne per una questione che ritengo essere abbastanza modesta”.
“La possiamo anche definire una moda ma non è una questione modesta; è divenuto un modo per adeguarsi. Quell’inchino a terra per raccattare le feci rappresenta simbolicamente l’inchino al conformismo.”
Mi venne da ridere: “Sei sempre molto pittoresco. Forse stai esagerando”.
“Lasciami finire. Sotto c’è molto di più. Non c’è mai stata così tanta solitudine come nell’epoca moderna. Ci siamo isolati l’uno dall’altro, tantissime persone vivono da sole. Le famiglie sono composte da due, al massimo tre persone; ognuno vive rinchiuso nel suo piccolo recinto e guai a chi entra. Ma c’è una cosa che non abbiamo considerato”.
“Cosa?”.
“Nel nostro benessere abbiamo pensato che renderci indipendenti l’uno dall’altro sarebbe stato l’obiettivo da raggiungere per essere liberi e felici. Ci siamo quasi riusciti: abbiamo tutto, non ci manca niente e non abbiamo più necessità di relazionarci agli altri. Siamo quasi autosufficienti. Lo stato sopperisce ad ogni nostro bisogno che non riusciamo a soddisfare personalmente. Possiamo vivere finalmente soli senza dover chiedere niente a nessuno. Ma l’amore? Il bisogno di amare e di essere amati, dove lo mettiamo? Qualche anno fa venne fatto un esperimento: alcuni bambini vennero tolti ai loro genitori e messi a vivere da soli; c’era qualcuno che li accudiva, che gli dava da mangiare e da bere; non gli mancava nulla ad eccezione delle relazioni umane. Tuttavia, dopo poco tempo, cominciarono a deperire e qualcuno di loro morì. Gli mancava l’amore, l’affetto, gli abbracci”.
“Quindi vorresti dire che il nostro innato bisogno di essere amati e di amare, di relazione con gli altri, di calore umano, lo abbiamo surrogato con i cani, che per altro sono molto più facili da gestire di una persona?”.
“Finalmente mi hai capito!”.

Andrea Antonini

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